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Obiettivi Formativi
Il corso intende analizzare le operazioni delle lamine metalliche preziose, in oro e argento, nella pittura medioevale, considerando gli aspetti tecnici, stilistici e simbolici, all’interno di un discorso più generale sulla ricezione visiva dei materiali nel loro contesto originale e sulla ricerca di effetti di trasfigurazione luministica della materia, in linea con l’ideologia neoplatonica diffusa nel Medioevo cristiano.
Prerequisiti
Si richiede la conoscenza di nozioni fondamentali di Storia dell’arte medioevale, quali quelle fornite dall’insegnamento di base nel triennio.
Metodi Didattici
L’insegnamento è basato su lezioni frontali. Durante le lezioni saranno proiettate immagini e discussi documenti.
Altre Informazioni
Il docente riceve gli studenti nel suo studio in via Gino Capponi 9 tutti i mercoledì dalle ore 13 alle 19.
Modalità di verifica apprendimento
La verifica dell’apprendimento avviene mediante esame orale. L’esame si basa sulla discussione di problemi interpretativi a partire da immagini presentate a lezione.
Programma del corso
Il Medioevo cristiano raccolse l’eredità del pensiero neoplatonico e coltivò insistentemente l’idea di una dialettica drammatica fra la materia e lo spirito, per cui la luce costituiva il principio di trasfigurazione della realtà sensibile e la rivelazione del disegno superiore che la informa. L’abate Suger di Saint Denis alla metà del sec. XII lo teorizzò in maniera lucidissima. A ciò si accompagnò l’ossessiva predilezione visiva per materiali metallici e preziosi, opportunamente trattati, che restituissero il massimo di splendore, financo con effetti abbaglianti. In questo più ampio contesto ideologico si spiega perché nel Medioevo l’oreficeria svolse un ruolo guida rispetto alle altre arti e come la stessa pittura ne abbia imitato quando possibile gli effetti. Solo con il rinascimento si teorizzò la “forza divina della pittura”, per Leon Battista Alberti tanto più apprezzabile se in grado di imitare con il proprio artificio gli effetti di lucentezza dei metalli preziosi. Si arginò così l’impiego estensivo delle lamine dorate nella pittura, che però continuarono ad essere protagoniste, in forme variegate e sperimentali, in larga parte della pittura quattrocentesca, anche con modalità nuove, come le dorature “a conchiglia”, e non più semplicemente “a missione”.
Il corso intende avvicinare all’analisi delle tecniche di esecuzione pittorica che comportavano l’impiego delle lamine preziose e la loro varia modulazione con decorazioni rilevate, incisioni, graniture, punzonature, velature a vernice, sgraffiti, ecc. L’analisi tecnica, al netto delle alterazioni conservative, non può però mai essere disgiunta dall’inquadramento nell’evoluzione del linguaggio stilistico, da una parte, e dalla comprensione del contesto di ricezione e quindi della cultura visiva in cui queste opere si collocavano, dall’altra. È poi interessante cercare nelle fonti letterarie e nei ricettari le tracce della percezione di questi materiali e della loro complessa operazione. Sono aspetti spesso non ben documentati dalle stesse fotografie dei dipinti, che li normalizzano ed attenuano. Sono aspetti attutiti nella presentazione museale a luce uniforme e diffusa, politically correct, trascurati nelle letture critiche insensibili alla densità materiale delle opere.
Verranno selezionati alcuni snodi e alcuni casi esemplari: la fonte di luce naturale di un’architettura sacra valorizzata come simbolo teofanico, anche nel contesto di raffigurazioni come quelle della Deesis o dell’Annunciazione; lo sviluppo del nimbo e il tema dell’alone di luce come aura di sacralità; l’imitazione dello splendore suntuario nella pittura bizantineggiante del Duecento; l’evoluzione delle incisioni dei nimbi e dei fondali al tempo di Duccio e di Giotto giovane; l’affermazione della civiltà del punzone e dello sgraffito a partire dalla Siena di Simone Martini; lo sperimentalismo di Gentile da Fabriano e dei pittori del gotico internazionale; il ruolo esemplare delle oreficerie parigine smaltate en ronde-bosse; la sensibilità luministica a sfondo trascendentale nelle lavorazioni dell’oro del Beato Angelico; le simbologie della luce sottese alla ricerca di effetti di trasparenza; il rapporto fra la mimesi degli effetti suntuari e il perseguimento di effetti locali di splendor (Plinio, Naturalis Historia) nella prima pittura fiamminga di Jan van Eyck e dei suoi seguaci.