Verranno fornite durante il corso indicazioni bibliografiche.
Obiettivi Formativi
Esplorare l’impiego nel discorso sull’arte visiva del concetto di gusto, inteso in senso figurato in testi prodotti in più lingue europee – principalmente in italiano, inglese e francese – tra Cinquecento e Novecento
con particolare attenzione alla variazione semantica, sincronica e diacronica
ed ai relativi esiti pratici per il discorso sull’arte in quanto innanzitutto rappresentazione retoricamente motivata ed orientata di opere individuali.
Abbozzare una storia linguistica e testuale del discorso sull’arte in ambito europeo e in epoca moderna
Prerequisiti
Una discreta conoscenza dell'inglese e del francese (ma i testi in lingua straniera verranno tradotti a voce a lezione).
Metodi Didattici
Lezioni frontali in aula con proiezione di PowerPoint a cura del docente.
Modalità di verifica apprendimento
Esame orale. Lo studente dovrà
1. rispondere a domande sul corso e su alcuni testi che verranno specificati durante il corso.
2. presentare e commentare due brani di sua scelta (diversi da quelli discussi nel corso), ognuno dei quali con almeno una occorrenza del termine ‘gusto’ o equivalente (i testi potranno essere in lingua italiana, oppure in inglese o in francese); i testi scelti dovranno rientrare nell’arco di tempo che va dal 1550 al 1850 e dovranno appartenere ad epoche diverse; il commento dovrà seguire il metodo adottato nella discussione di simili passi durante il corso e potrà anche far riferimento a questi per confronto;
3. commentare le modalità di rappresentazione di un’opera e di argomentazione adoperate in un brano che gli verrà dato da leggere nel momento dell’esame.
Programma del corso
Dal Cinquecento, in ambito europeo, il gusto – il senso che permette di percepire e distinguere i sapori – trova utilizzo traslato nel discorso che verte sul carattere particolare e sullo statuto generale di quelle opere d’arte la cui fruizione impegna innanzitutto la facoltà visiva. Inizialmente, ad esempio nelle Vite di Vasari, il gusto presta suo nome a quell’insieme di predilezioni che sottendono l’identità personale e in particolare alla disposizione individuale al godimento estetico. Successivamente, ad esempio in Filippo Baldinucci e sulla scia del pragmatismo etico del gesuita spagnolo Baltasar Gracián, il gusto per l’arte acquisisce valenza normativa, reputandosi più o meno buono. Soprattutto dal Settecento, e massimamente nei contributi alla nuova disciplina dell’estetica di filosofi quali David Hume e Immanuel Kant, il termine denota quel problematico organo fittizio che permette non solo ad apprezzare ma anche a giudicare le produzioni artistiche, alla contesa capacità di discernere tra buono e cattivo anche in accezione estetica. Infine all’inizio dell’Ottocento il vecchio prestito inglese gusto viene ripristinato da William Hazlitt per indicare non tanto l’acume e la pretesa autorità del critico quanto la capacità di certa arte di suscitare una sorta di partecipazione affettiva che sembra coinvolgere tutti i sensi.
Il corso esaminerà i significati via via assunti nel discorso sull’arte tra Sei- e Novecento dal termine gusto e dai termini corrispettivi nelle principali lingue europee. Si tenterà di mostrare come essi si traducano nei testi in modalità differenti di giudizio sull’opera e di conseguenza in modalità differenti di rappresentazione verbale di essa – meglio, in diversi coordinamenti retorici di tali modalità. In particolare verrà indagato il nesso tra l’assurgere del gusto a senso estetico per eccellenza e il venir meno, quale modalità rappresentativa dominante e (da un punto di vista argomentativo) trainante, della valutazione, quell’atto linguistico ‘verdittivo’ che mira a rappresentare l’individualità di un oggetto (nella fattispecie l’opera) in termini di merito. Prende infatti il ruolo privilegiato della valutazione quell’atto che si può chiamare la caratterizzazione, che attraverso il linguaggio figurato rappresenta l’individualità di un oggetto in termini appunto di ‘carattere’, di quella quasi-personalità o presenza espressiva, di quell’impatto affettivo e/o percettivo generale, che non si manifesta direttamente alla vista e la cui rappresentazione pertanto dovrà evocare le sensazioni del tatto, dell’udito o appunto del gusto.